Il Follo

Un grumo di case che si allunga lungo l’asta della Teva, tortuoso torrentemadre; al cospetto del puntuto campanile, esplode il piccolo bocciolo di case e cantine. In questo borgo gira il fulcro del mondo del Valdobbiadene Superiore. Se non bastasse, un po’ appartata, gira immobile una ruota da mulino ad ammonire sulle imprevedibili capriole della storia. Un tempo era Follo, azionato dall’acqua della Teva, dove battevano i folloni della lana per i ruvidi indumenti del contado, oggi attività autunnale di folare, pigiare l’uva, a suggello della festosa devastazione delle vigne, come direbbe il poeta della vendemmia.

Glera

L’origine del vitigno Prosecco ha animato discussioni interminabili. Troppo grande il fascino e il successo del nostro vino: in tanti ne hanno rivendicato la paternità. Infine la ricerca storica e scientifica ha definitivamente certificato che il vitigno padre dell’uva Prosecco è GLERA. Glera (da glaera? Ghiaia?) è presente ancor oggi alle propaggini del Carso triestino dove troviamo da secoli un piccolo borgo nomato Prosecco. Da lì è partita l’epopea che ha trovato nei secoli il suo zenit e la sua consacrazione tra i colli di Valdobbiadene e Conegliano. E a Valdobbiadene si è sedimentato e specializzato nelle dolci vallecole e negli aspri declivi che da Santo Stefano si dipartono verso la montagna a Nord e verso e oltre il Follo a Sud.

Le Stagioni

La Primavera si anima di tutte le gradazioni di verde e la terra partorisce la scoppiettante Selene, il dentato Tarassaco, lo svettante Luppolo, civettuole Violette e occhieggianti Primule. L’Estate lenta e sontuosa, accarezzata dai venti riottosi che in questa valle benedetta trovano ritmi, vortici e traiettorie anarchiche e originali. L’Autunno dorato, tempo del grande saccheggio della vendemmia e poi della ritrovata quiete, preludio al dolente Inverno che qui recita la sua versione migliore con il sole che accompagna il quieto riposo della terra e la notte ammanta di mistero la vita segreta tra i casolari sparsi per ogni dove, testimoni silenziosi di storie, di amore e di fatica.

E poi ancora Primavera.

Le vigne e le buone pratiche

– Le vigne della nostra azienda sono variamente adagiate sui ripidi pendii che fronteggiano il Follo e sono ben visibili dalla nostra cantina. Le stagionali lavorazioni sono fatte tutte a mano.
– La potatura invernale con l’impiego di pali in legno e legacci in salice. I sarmenti che risultano dalla potatura vengono raccolti a mano e utilizzati, in parte, per il focolare domestico come si è costumato per secoli in queste contrade.
– Il trattamento anticrittogamico nei mesi della rigogliosa vegetazione vengono limitati al massimo e con prodotti non invasivi e certificati.
– Lo sfalcio dell’erba in più riprese viene fatto a mano e la stessa è depositata nel letto delle viti ad apportare ricche e naturali sostanze organiche di nutrimento.
– La vendemmia anch’essa tutta manuale con il trasporto a braccia nei ripidi colli delle ceste dove l’uva si deposita con dolcezza e conserva fino alla pigiatura la sua fragranza, presupposto indispensabile per ottenere mosti delicati e integri.
– La Cantina è di modeste dimensioni accostata all’abitazione e nella quale l’acciaio ha sostituito il legno povero delle botti fatte in casa dai nostri nonni. Acciaio che garantisce la massima igiene e una fermentazione lenta dalla quale risulta, al fiorire della primavera, la complessità aromatica e la serbevolezza dei nostri vini.

Le nostre vigne, giardini permanenti dove in ogni stagione è possibile cogliere fiori e vivere suggestioni impagabili, si prestano al passo lento del turista e non hanno mai subito la violenza delle macchine. Unici intrusi, tra i filari, il passo laborioso del contadino e il guizzo di lepri e fagiani.

Le macchine intanto invadono i fondovalle e l’Oltrepiave, dal quale ci distanzia l’armonioso silenzio dei nostri aviti casolari dove risiedono  storia e  bellezza.
Siate i benvenuti.

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